La Logica del Cuore di Emilia Testa

Il mio desiderio è racchiuso
nell’impronta del tuo indice
se fallisci
l’esercizio lento e intenso
di alcuni movimenti
IO CADO
e tu ti spegni

                                                         Emilia Testa

Emilia Testa ha una penna coriacea. Vuol dire temprata nel cuore da una forza forte, testarda e tenera al contempo. La sua silloge poetica La logica del cuore è una resa dei conti: impatta con l’ultimo degli dei ancora in gara, nella competizione al disarmo dell’uomo, Amore. E non c’è alcuna versione ingenua o fiorata. È l’amore che induce alla schisi, alla frontiera del senso, allo sconvolgimento della rappresentazione cartesiana.

L’autrice intesse un dialogo con il tremendo cuore di Eros, e da subito ne individua il carattere centrifugo del suo essere sempre Altrove. La questione del decentramento è estremamente contemporaneo, una ripresa in termini moderni di un archetipo vintage: l’amante e la sua irriducibile distanza dall’oggetto di amore. Proprio in l’Amore è sempre Altrove, che dà l’incipit alla raccolta, Emilia Testa ci rivela il carattere utopico del sentimento, il suo soggiorno in un senza luogo, che dà forma al desiderio.

Proprio nel de sidera, l’amore trova per l’autrice il suo compimento: lontano dalle stelle, nella tradizione dal latino, il de-siderio allude proprio alla regola aurea di ogni sentimento, per la quale non sia possibile l’annullamento dello spazio che intercorre fra gli amanti, pena il decadimento stesso del desiderio. L’autrice avverte chiaramente il dislocamento di senso e di spazio dell’amore, nel quale accade che resti ma non ci sei, come si legge in Ci sono Amori: l’utopia del desiderio è un ineffabile atto di sparizione del sé dove, leggiamo ancora l’Autrice, lo spazio del confinamento è messo in scacco matto dalle sue linee di fuga. Proprio in Sopravvivenza cogliamo il ruolo salvifico della poesia: essa raccorda gli umori, quasi liquefandoli lungo i bordi rappresi di inchiostro una materialissima sopravvivenza di me.

Struggente Esercizi di Fantasia, in cui l’Autrice rivela il carattere mobile dell’epifania di Amore, sempre troppo altrove, che fra ombre della sera e i memoriali poetici di Kafka e Montale, può finalmente rivelare il nome. Ma è tutto, un alone: questa la sola apparizione possibile, sotto forma di alito impresso o di una versione di se stessi, che mi fa più orrore.

La poetessa conosce bene, senza sconti, quanto costi un amore utopico:

Sarò per sempre sostanza impercettibile, arresa al battito metafisico della mia zona d’ombra, in bilico, con scarpe di cartone, sul filo spinato di questa mia disforica utopia.

Un vero proclama poetico, questa strofa dissacrante, potente, magnetica: in Metamorfosi si sta compiendo il passaggio di stato, da vigile creatura a zona d’ombra, nella consapevolezza che le suole sono effimere, e che il suolo è scomposto. Ciò che resta è una utopia schizofrenica, disforica appunto, che sposta sempre di là da venire, il senso e l’accadimento di un ospite inatteso, nella consapevolezza che la felicità sia più un attributo che sostanza: è un dramma della grammatica quella che si compie in Il perimetro di un amore, perché ciò che ci rende felici non ha la forza di una permanenza, è percettivo e aleatorio come qualunque qualificazione secondaria. Implacabile verità che l’autrice, ossidata nella sua poesia espressiva, rivela con un tratto rapido, incisivo, irreversibile:

Il mio desiderio è racchiuso nell’impronta del tuo indice se fallisci l’esercizio lento e intenso di alcuni movimenti IO CADO e tu ti spegni. Proprio quel de-siderio, l’essere lontani dalle stelle, si materializza nel cono d’ombra della caduta. Brillante esempio lirico di un fallimento annunciato.

Ma la poetessa non ha ancora detto la sua ultima parola. È nella terza sezione che chiude la silloge poetica,

Dell’amore e dei suoi amabili resti, che il senso del resto e dello scarto, del residuo e della traccia mancante, si fa radiosa toppa e falce di ferro. Il resto si fa amabile resto di niente e in esso si racchiude la più bella delle dimenticanze: il consenso dato al tempo, di passare.

 

 

Valeria Francese

Autore: Valeria Francese

Valeria Francese nasce a Salerno nel 1979, ha conseguito nel 2003 la laurea in Filosofia con una tesi in Estetica sulla Poetica dello sguardo nella letteratura e nelle arti contemporanee. Nella sua città insegna filosofia negli istituti superiori. Partecipa da sempre a numerosi concorsi di narrativa, ha scritto sceneggiature per il teatro, una piccola meravigliosa esperienza cinematrografica. Nelle ultime esperienze artistiche, una collaborazione per una mostra di fotopoesia, dove la luce e il verso hanno trovato la loro, splendida ed epifanica, parola comune. Da allora, la poesia é diventata la sua Casa Madre. Qualche volta ottiene seri riconoscimenti, menzioni e leggere pubblicazioni, altre volte, come capita a tutti quelli che amano scrivere, un robusto silenzio, quanto mai evocativo di altro talento come quello della pazienza, dell'attesa e della costruzione invisibile. Correttrice di bozze e in procinto di terminare un master in editing e scrittura creativa, sta svolgendo il biennio di tirocinio per diventare giornalista pubblicista. Insomma se nella vita le fosse concesso, sarebbe Scrittura Solo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *