Un cuore così bianco di J.Marias

 

Un cuore così bianco di J.Marias

J. Marias, Un cuore così bianco
"Crediamo di conoscere chi ci vive accanto, ma il tempo porta con sé molte più incognite che certezze, e in proporzione si sa sempre di meno, con il tempo si allarga la zona d'ombra." 
Una giovane sposa, appena tornata dal suo viaggio di nozze, cerca qualcosa di bianco, sotto la sua camicetta.  
Punta al suo cuore, eccolo, davanti allo specchio del bagno, e gli spara, proprio lì, mentre tutti gli altri, e Ranz, suo marito, sono seduti a tavola, ignari del dramma appena compiuto, nella sala da pranzo della casa familiare.
E non è più bianco, il suo cuore crivellato, come lei stessa non è più innocente. Ranz lo sa bene ma tace: quel sangue è la restituzione del biglietto; sua moglie ha tradito il patto, rifiutandosi di essere testimone di quell'atrocità che solo qualche giorno prima lui le aveva confessato, come donato in un corredo nuziale avvelenato. 
Certe doti sono insostenibili, non si lasciano riporre nel cassetto della biancheria antica né conservarsi nelle foto della memoria, non possono essere esposte come si fa con i souvenir di un viaggio o come privilegi ereditati di cui ci si vanta per generazioni: "Avrei potuto tacere e tacere per sempre, ma a volte si crede di amare di più se si racconta un segreto" dice Ranz e invece, proprio le confessioni indicibili sono condanne inferte in nome di una ipocrita "maggiore lealtà", che certe mogli dal cuore bianco traghettano con sé fin nel sottosuolo.
Gli anni prendono a passare nella vita di Ranz e "in proporzione si sa sempre meno", e l'uomo diventa il simulacro di nascondimenti per sé e per gli altri.
 "E se hai dei segreti tu non dirglieli", suggerisce a Juan, il figlio avuto da seconde nozze, in un passaggio di consegne del silenzio opportuno. Juan, il figlio erede del silenzio, che ha appena sposato Luisa, comincia presto a fare i conti con la questione delle confessioni e l'ardimentosa impresa della comunicazione nella vita ordinaria del matrimonio.
 Molto presto infatti anche Juan scopre che la verità, in amore, ha un cuore terribile che cerca vicario, il sostituto della sua faccia, con cui andare in giro a raccogliere consensi, adattamenti, finzioni.
 E che proprio il matrimonio, se non si sorveglia attentamente, se non si resta  vigili ad attenzionare il non detto, diviene il luogo del disagio, nel quale il chi dell'individualità scompare in nome di un giano bifronte che è la coppia, tanto sconosciuta a se stessa e priva di memoria storica. 
Nascono così i luoghi dell'assalto al cuore tremendo della verità, disseminati per tutto il romanzo lungo le soglie, stanze al buio, paraventi, retri delle porte da cui provengono bisbiglii, camere secondarie della casa principale, le suite d'albergo, dove si resta a sussurrare le cose, lontano dalle pareti domestiche. 
Sono gli spazi privilegiati dove avviene l'equivoco, il suggerimento di una ipotesi, l'accenno di una soluzione.



Copertina del Libro Edizione Et Scrittori
Apparentemente la trama del romanzo sembra occuparsi di loro due, di 
Juan e Luisa, del loro matrimonio giovane e già così precario e sullo sfondo l'inconfessabile segreto di Ranz, ma Marias non è uno scrittore dall'intreccio lineare, e le vicende richiamano quadri temporali e riflessioni esistenziali che sono fuori tempo e cornice narrativa. 
Il matrimonio dei giovani arranca nei pressi del rispettivo congiunto che sempre arriva alle sue spalle "premuroso ma in ritardo", perché mai le cose giungono chiare, ma sempre lateralmente deviate, magari sussurrate all'orecchio, paroline sgranate che scivolano di spalle o sul lungo declino dei colli, di quelle nuche tese che diventano luogo della parola mal consegnata. Sono due traduttori e interpreti di professione, per appunto, Juan e Luisa, lavorano sui discorsi e le presenze degli altri, dei politici, degli intellettuali; ma è nel congresso del loro amore che essi compiono i peggiori lavori di resa linguistica: abituati all'ascolto che non guarda, a essere testimoni rapidi ma non empatici, rimandano le cose come dal fondo di una conchiglia: alterate, contaminate. 
 Una metafora della comunicazione inquinata che trova nel romanzo lo spazio del retroverso, della parola consegnata, tradotta o tradita. 
Non è un caso che le parole chiave più ricorrenti nel testo siano: tradire, tradurre, contagiare, testimone, in una gerarchia di azioni ed emozioni consegnate, sempre mancate o tradite, all' altro che da spettatore diviene attore dell' assente. Tra le tematiche più note della poetica di Marias, il silenzio nel segreto, le connessioni che risuonano a distanza di tempo e oltre la morte, la morte stessa e il cuore bianco dei vivi non più bianchi nè vivi, le soglie, gli usci sui quali si decide se la vita è ingresso o dipartita, e i balconi che danno le spalle alla mortifera camera della verità. 
Ma i tempi esigono ulteriori confessioni, e questo avviene perchè mai ricadano sui figli le colpe dei padri. O forse perché i padri in fondo cercano anch'essi la loro redenzione, dopo che il mondo ha perpetrato le narrazioni di tutti, tranne che le loro, attraverso parole e repliche deformate. Ora tocca proprio a loro, per salvare i figli dalla logica della soglia e dell'incomunicabilità, saper dire, saper non tradire.



La lezione di Marias non è ambigua: le cose, quelle fatte, quelle successe, siano dette, siano sempre consegnate ai testimoni sani, ai cuori bianchi, a quelli coraggiosi, a chi sappia accogliere e non condannare e non condannarsi alla punizione eterna. A chi sa anche, per sopravvivere, non farci più caso.
"Pochi sono in grado di non far loro caso". 
Conta, in questo caso, non contare mai più.

 

 

Valeria Francese

Autore: Valeria Francese

Valeria Francese nasce a Salerno nel 1979, ha conseguito nel 2003 la laurea in Filosofia con una tesi in Estetica sulla Poetica dello sguardo nella letteratura e nelle arti contemporanee. Nella sua città insegna filosofia negli istituti superiori. Partecipa da sempre a numerosi concorsi di narrativa, ha scritto sceneggiature per il teatro, una piccola meravigliosa esperienza cinematrografica. Nelle ultime esperienze artistiche, una collaborazione per una mostra di fotopoesia, dove la luce e il verso hanno trovato la loro, splendida ed epifanica, parola comune. Da allora, la poesia é diventata la sua Casa Madre. Qualche volta ottiene seri riconoscimenti, menzioni e leggere pubblicazioni, altre volte, come capita a tutti quelli che amano scrivere, un robusto silenzio, quanto mai evocativo di altro talento come quello della pazienza, dell'attesa e della costruzione invisibile. Correttrice di bozze e in procinto di terminare un master in editing e scrittura creativa, sta svolgendo il biennio di tirocinio per diventare giornalista pubblicista. Insomma se nella vita le fosse concesso, sarebbe Scrittura Solo.

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