Un gruppo di studenti universitari condivide esperienze e vissuti nella dimora del campus di Ashdown.
Ad unirli è la profonda incertezza di chi ricerca la propria identità, a separarli è la nota della solitudine che galleggia, inossidabile, nelle loro iridi.
Ad Ashdown non si dorme mai, perché il sonno è malato, dionisiaco, eccitato ed eccitante, un sonno che rumoreggia mentre mescola i destini e febbrilmente ne impasta le forme. Durante il sonno, tormentato, di ciascuno dei protagonisti, accadono cose che si confondono con la realtà.
La notte è il luogo di incubi, incroci misteriosi, fobie ed ossessioni.
Il giorno, invece, costringe al riconoscimento, impone le confessioni, scopre gli equivoci, rivela verità. Ed a questa gioventù tocca il compito di scegliere se subire o deviare il flusso incessante, disordinato e caotico degli eventi che si susseguono sorretti da inspiegabili incidenze. A questa gioventù tocca il compito di scegliere se avere una vita diurna o notturna, di scegliere la propria identità sessuale, come voce dell’interrogazione su se stessi. I personaggi, infatti, aspirano a configurazioni della loro natura ma spesso, irriconoscibili persino a se stessi, si scoprono ogni volta strutture nuove in grado di rimodellare le relazioni intersoggettive.
Passano solo dodici anni, Ashdown muta la sua identità, da campus studentesco viene trasformata in una clinica specializzata nella cura dei disturbi del sonno.
Ancora una volta, non solo nello spazio ma soprattutto nel tempo, le storie dei giovani si pongono su di una trasversalità che permette la coesistenza di variabili interscambiabili.
Da adulti dovranno ancora scegliere e confrontare le scelte di ciascuno con quelle degli altri: decidere se risolvere o ripetere il dramma delle loro inquietudini giovanili.
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